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Non credete ai sondaggi. Ai francesi piace ancora Sarkozy!

Intervista ad Alexandre Del Valle di Alma Pantaleo5 Luglio 2011, giornale L'Occidentale.

"L'Occidente e l'Islam, il fallimento del multiculturalismo e del modello assimilazionista alla francese, l'"Eurabismo" e il ruolo della Turchia, Sarkozy e le sfide della Francia – dalla guerra in Libia alla 'politica nucleare' –, a un anno dalle presidenziali. Di questo e molto altro, in una chiacchierata a 360° che dagli scenari internazionali scende nel particolare della realtà francese, abbiamo parlato con Alexandre Del Valle, geopolitologo, saggista ed editorialista di France Soir, autore del libro "I Rossi Neri, Verdi: la convergenza degli Estremi opposti. Islamismo, comunismo, neonazismo". Nel suo libro, “Verdi, Rossi, Neri” lei tratta dell’alleanza antioccidentale delle forze ‘estreme’: islamismo, comunismo, neonazismo. Questo sistema rappresenterà per l’Occidente una fatalità o una sfida che lo rafforzerà? La convergenza di odio tra il Nero, l’ultranazionalismo indigenista, antioccidentale – che vuole ricoprire un’identità trascurata dal colonialismo europeo –, l’ultraintregralismo o islamismo radicale del Verde e l’antioccidentalismo in funzione antimperialista e rivoluzionario del Rosso che vogliono un mondo multipolare e disoccidentalizzato, rappresenta una sfida che non distruggerà l’Occidente ma che porterà alla sua rinascita perché la storia ci dimostra che molto spesso un’identità diventa conscia di fronte alla minaccia del nemico. Vuol dire che fino ad adesso c’era una divisione tra le tre componenti dell’Occidente: l’ovest americano, l’ovest europeo – che è una colonia americana ma più debole – e l’ex nemica, l’Europa post-bizantina o slavo-ortodossa russa. Avendo gli stessi nemici, anche i latinoamericani più antioccidentali saranno sfidati prima o poi da uno dei leader, Verde, Rosso o Nero che sia; i russi, pur avendo contro di noi molte cose, sono considerati i peggiori nemici dell’Islam e noi siamo di fronte a un tentativo di invasione islamica. Non giudico i musulmani – anzi, ho sempre difeso quelli moderati – ma il progetto degli islamici radicali che vogliono utilizzare l’immigrazione non integrata come nucleo per poi islamizzare l’Europa.

Questo contesto cosa provocherà? Secondo me tutto questo farà sviluppare una coscienza che chiamo “panoccidentale”. Avendo gli stessi nemici, essendo identificati come l’incarnazione di quello che per loro è il male supremo, la nostra civiltà giudaico-cristiana darà spazio a una fase ulteriore a quella del “paneuropeismo” di Richard de Coudenhove-Kalergi, quella del “panoccidente”, ideata da me, che rappresenterà la rinascita di un Occidente più forte, più identitario. Lei, in uno dei suoi scritti, riprende il concetto di “Eurabia” di Bat Ye’Or, peraltro caro alla Fallaci. Ci può spiegare cosa intende? Riprendo il concetto, è vero, ma lo completo. Bat Ye’ Or ha identificato il fenomeno nell’arabizzazione culturale dell’Europa. Credo che non dobbiamo più parlare di arabi ma dell’Islam, perché ci sono arabi cristiani, laici e a volte sono proprio i non arabi ed essere i più integralisti (prendo l’esempio del Pakistan e dell’Iran). Credo che l’“Eurabia” sia un concetto molto interessante per spiegare la politica dell’Europa negli anni ’70, ’80, ’90, quando ci fu un accordo tra paesi europei e paesi arabi con un centro che era l’Arabia Saudita, in un contesto come quello della Guerra Fredda. L’Europa si è offerta ai paesi arabi schiavisti e più arretrati perché producevano petrolio ed erano gli alleati dell’Occidente contro il comunismo. Perché, dunque, il concetto di “Eurabismo” va completato? Perché la Turchia rappresenta adesso il nuovo “Eurabismo”, è il centro della dimostrazione di coloro che vogliono islamizzare l’Europa e applicare il modello multiculturale. Ma la Turchia non è un paese arabo, per questo parlo di “Eurabia” o di “Euroislam”. Loro vogliono islamizzare l’Europa per far credere che non sia più colonialista e abbia pagato le sue colpe. Si tratta di una specie di espiazione collettiva: io Europa sono colpevole e accetto di pagare il mio debito con l’islamizzazione. Paradossalmente il pretesto dell’“Eurabismo”, che è quello di evitare lo scontro di civiltà, crea l’effetto contrario perché di fronte a noi il nemico islamista radicale, che proietta le sue visioni di conquista dell’Europa tramite la strumentalizzazione dell’immigrazione, lo vede come un segno di debolezza e una spinta a continuare la conquista. È un paradosso assoluto che il pretesto fondamentale della politica di appeasement di sottomissione volontaria dell’Europa sbocchi nell’effetto contrario. Qual è la conseguenza di questo paradosso? Rende chi vuole lo scontro di civiltà ancora più sicuro di sé e ancora più preparato e determinati ad aggredirci e ad invaderci. Stessa cosa successe in passato col nazismo. Di fronte a questo fenomeno di islamizzazione, perché le elite culturali vogliono combattere l’islamofobia ma tollerano la cristianofobia? In Francia ho appena scritto un libro che sto per proporre in Italia e che si chiama “La nuova cristianofobia, perché si ammazzano i cristiani nel mondo”, molto legato alla mia spiegazione di psicogeopolitica. Credo che l’uomo non sia solo materia ma anche anima e spirito, non possiamo capire l’uomo, e dunque la geopolitica, senza ammettere anche spiegazioni psicologiche. Sono sicuro che l’interesse commerciale non è l’unica cosa che conta. Al contrario, sono assolutamente convinto che i popoli vivano, come diceva Vico, corsi e ricorsi storici che non controllano più, ci sono atteggiamenti che dominano una determinata epoca. E l'Europa cosa sta facendo? L’Europa si sta offrendo all’umanità conquistatrice per espiare le colpe del passato che non smette mai di ribadire nelle scuole, nelle università, in tv. Io ho sempre sentito la storia che gli uomini bianchi sono tutti più o meno corresponsabili e non ci sto. Siamo di fronte a un indebolimento psicologico generale dell’uomo europeo. L’Europa crede di poter creare un’identità solo sui diritti dell’uomo astratti e sul nichilismo che rappresenterebbe la miglior prova di essere tollerante. Il problema è che questo può funzionare in un sistema filosofico astratto chiuso ma nella realtà e nella storia non ha mai portato a nulla di buono. Molti leader europei si stanno rendendo conto che il multiculturalismo è fallito, nel caso specifico della Francia il modello assimilazionista è altrettanto in crisi, ne è un esempio ciò che succede da anni nelle banlieues parigine... Stiamo pensando di rilanciare l’assimilazionismo e il nazionalismo integratore o patriottismo integrante e il ministro degli Interni Claude Gueant ha capito che la sfida è questa: o continuiamo con il multiculturalismo che ha come postulato l’autoflagellazione e quindi non integriamo nessuno perché non facciamo altro che trasmettere l’odio di noi stessi, o cambiamo strategia creando una nuova volontà di vivere insieme che è necessariamente basata sulla condivisione di valori comuni patriottici, identitari, e non solo astratti. Come lo si vede dapertutto in Europa, l’identità “paga” elettoralmente, perché il bisogno di identità è una delle “domande” più importanti dei cittadini, ma anche degli immigrati: o gli trasmettiamo la nostra identità e li invitiamo ad amare la nostra patria e la nostra storia o cercheranno identità e “certezze” più radicali altrove, ad esempio nell’islamismo. Quali sarebbero questi valori identitari comuni? Il migliore, finché esisterà la nazione, sono il nazionalismo – nel senso più aperto e positivo e non etnico –, o meglio detto il “patriottismo”, il rispetto e l’amore della terra e della storia dei “Padri”, l’appartenenza alla stessa grande famiglia nazionale che però viene tutelata. Questo grande progetto “neo-patrottico” lo stiamo rilanciando con il mio partito, l’UMP (partito di governo sarkozysta), in particolare con la mia corrente, la Destra libera, e con il Ministro Thierry Mariani, presidente della Destra Popolare, con cui lavoriamo per combattere l’autolesionismo e rilanciare “l’integrazione patriottica”. Noi crediamo ci sia una speranza. Se ci paragoniamo con l’Olanda, l’Inghilterra, il Belgio dove le comunità si ignorano totalmente, ci rendiamo conto che noi abbiamo sì dei problemi nelle borgate, ma si tratta specificatamente di problemi delinquenziali, non sempre legati all’Islam. In che modo la Francia deve affrontare il problema identitario? Dobbiamo trasmettere nuove certezze identitarie e idee patriotiche, ad esempio stiamo obbligando i giovani alunni delle scuole primarie a imparare l’inno nazionale francese. In generale, come spesso ha dichiarato Nicolas Sarkozy, “chi rispetta i nostri valori sarà il benvenuto, chi non lo farà non sarà il benvenuto” e verrà sanzionato se trascura regole e leggi nazionali, senza eccezione comunitaria o “attenuanti culturali”. Dopo 50 anni di dubbi e colpevolizzazioni, torna l’accettazione di un nazionalismo e un patriottismo “integrante”. Questa è una novità e credo che in Europa siamo all’avanguardia. Se il progetto europeo fallirà, sarà in parte perché colpevolizza e combatte il patriottismo e il bisogno d’identità. C’è qualche paese europeo che si ispira al modello francese? L’unico paese che, secondo me, segue un atteggiamento molto simile è l’Italia. Che lo si voglia o no, siamo i due paesi che stanno tentando di trovare una soluzione. Quando vedo l’On. Souad Sbai, che lotta contro il burka e l’attenuante culturale con coraggio ed intelligenza, o i due Allam – rispettivamente Fouad, l’ex-deputato italiano, e Magdi Cristiano, l’attuale deputato europeo –, che sono stati molto chiari su questi argomenti, mi rendo conto che c’è speranza e ci sono tanti musulmani che imitano il loro atteggiamento. Il multiculturalismo, che ora tutti rinnegano, non porta a niente, sfocia solo nel comunitarismo dove tutti ignorano tutti e nessuno condivide i valori nazionali. Al contrario, l’esempio di nazioni come gli Stati Uniti, il Brasile o l’Argentina dimostrano che si puo’ integrare molto meglio gli stranieri con la trasmissione del patriottismo e dell’amore della Nazione piuttosto che con il multiculturalismo “etno-masochista” e auto-lesionista “molle”. La Francia è in prima linea nella guerra libica. Il 12 luglio però Sarkozy dovrà superare lo scoglio del voto parlamentare per prolungare la missione. I socialisti sono insofferenti sulla questione e il paese dovrà vedersela con gli altri membri della Nato che spingono invece per una soluzione politica. Come riuscirà ad affrontare questa sfida il primo ministro francese? Credo che sarà in grado di affrontare questa sfida perché la Francia ha un legame molto stretto con i russi, che sono tradizionalmente alleati di Gheddafi, e che ci stanno aiutando a far parlare tra di loro le parti in conflitto: il governo gheddafiano e i ribelli. Lo dimostra il fatto che da due settimane a questa parte il dialogo tra i due nemici ha subito una notevole accelerazione. Credo che il conflitto libico si risolverà con la sconfitta totale di Gheddafi che verrà isolato in una parte della Libia ma con esponenti del suo governo che rimarranno al potere. Questa penso sia la soluzione più plausibile visto che l’Europa, senza l’apporto americano, non è in grado di portare avanti una guerra da sola. Si potrebbero profilare altri scenari? Sì, il secondo scenario possibile è la nostra sconfitta, dato che non possiamo rimanere in territorio libico, e il protrarsi della guerra che porterà alla spaccatura del paese. La terza ipotesi è che gli islamisti prendano il potere dopo la caduta di Gheddafi, e ciò rappresenterebbe una grande disfatta per Sarkozy. Non escludo niente, insomma, ma credo si arriverà a una soluzione intermedia dove finalmente ci sarà una nuova Libia riformata e la Francia apparirà come il paese che ha aiutato un popolo a liberarsi di un dittatore. Spostandoci sul fronte interno, Sarkozy è sempre più in calo nei sondaggi... In realtà nelle ultime due settimane, con i buoni risultati ottenuti in economia e la partecipazione del paese alla missione libica, sta guadagnando molti punti nei sondaggi. Credo che Sarkozy abbia superato il momento politico più critico, che è normale si configuri a un anno dalla fine del suo mandato. Vero è che ha deluso le aspettative della destra conservatrice come la mia, ma gli abbiamo lanciato il segnale che non deve pensare solo all’apertura, alla sinistra, allo show business e ai media ma deve volgere lo sguardo agli elettori fedeli che si sono sentiti, di fatto, traditi. Con Gueant che ha messo in un posto strategico, e che si fa emblema di sicurezza e di patriottismo, i francesi stanno notando come Sarkozy sia ritornato sulle promesse fatte in campagna elettorale e stia tornando a pensare al nucleo di destra duro. Dunque siete positivi rispetto alla sua rielezione… Sì, stiamo tornando a essere ottimisti soprattutto perché nella sinistra, dopo Strauss Kahn, non c’è nessuno e credo che se anche Sarkozy stavolta non sarà eletto con tanti entusiasmi come nel 2007 sarà riconfermato come l’unico che ha esperienza, dato lo spessore internazionale che sta acquisendo. Anche i suoi nemici hanno capito che è diventato l’uomo di stato che prima non era. Come vede invece la candidatura di Martine Aubry alle presidenziali? La Aubry è la peggior nemica di se stessa. E’ figlia di una tradizione più ‘rossa’, canta l’internazionale in parlamento, vuole sedurre una sinistra dura marxista, non ha nessuna soluzione economica credibile perché vuole tornare al mondo dell’assistenzialismo che oggi, con la crisi greca, non è più applicabile. Noi abbiamo già preparato una campagna dura contro di lei, faremo sapere che suo marito è l’avvocato dei movimenti integralisti più maschilisti e misogini di Francia. Una donna che vuole essere presidente e che peraltro si spaccia per progressista, non può avere come alleate delle figure così arretrate e oscurantiste. Gente come lei si screditerà molto più velocemente del previsto. Lei prima citava Marine Le Pen. In un contesto in cui le estreme destre, vedi il partito di Wilders, stanno acquisendo una certa importanza, che ruolo avrà il Front National? Secondo me i francesi di destra non sono stupidi e sanno che troppi voti a Marine Le Pen al primo turno si traducono nell’elezione del candidato socialista. Dunque, secondo me, i più estremi la voteranno ma, spinti dall’odio per la sinistra e il modello “multikulti” e osservando, al contempo, il ritorno di Sarkozy ad una retorica molto più di destra, saranno legittimati a spostare i voti all’estrema destra del primo turno su Sarkozy nel secondo. Magari non ci saranno accordi diretti ma secondo me c’è già un’intesa silenziosa tra la gente che vota Marine – per protesta – e la gente di destra che vota Sarkozy, l’uomo più a destra e soprattutto più coraggioso della destra classica. Dote che gli permette di affrontare di petto i momenti di crisi e che sicuramente lo premierà alle urne. Sarkozy in questi giorni è andato controcorrente rispetto ad altri paesi, l’Italia in primis, sul tema del nucleare, annunciando investimenti da 1 miliardo di euro. Come si inquadra questa scelta rispetto al 'fantasma' Fukushima? Sarkozy è un uomo interessante perché non pretende mai di piacere solo ai media. Il punto in comune che ha con Berlusconi è che è capace di dire cose anche controcorrente. Con il suo annuncio non ha voluto negare da subito, solo per far piacere ai servi dell’ecologia, la strategia principale della Francia: l’autonomia energetica grazie alle centrali nucleari che ci permettono di avere energia elettrica senza essere troppo dipendenti dai paesi produttori di idrocarburi. È vero che (il referendum in Italia l’ha mostrato) c’è un dubbio legittimo e Sarkozy, che è un grande democrata, lo analizzerà e capirà se è il caso di tornare sui suoi passi se si renderà conto che la maggior parte dei francesi non vuole il nucleare. Il presidente francese ha molti difetti ma ha sempre saputo ascoltare la maggioranza, vedi sulla proposta di dare il voto locale agli immigrati e sulla questione della Turchia. È un uomo capace di adattarsi, un populista nel senso più positivo del termine.

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