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Del Valle: se il Papa Pensa di Fermare Così l’Esodo Cristiano dall’Iraq, Sogna.

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ci sembra interessante sottoporre alla vostra attenzione l’intervista che il portale Dies Irae ha fatto al prof. Alexandre Del Valle, alla vigilia del viaggio del Pontefice regnante in Iraq. Ringraziamo Dies Irae per averla voluto condividere con Stilum Curiae. Buona lettura.

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  1. Grazie mille, innanzitutto, per averci concesso, in esclusiva, questa intervista. Potrebbe spiegare brevemente ai nostri lettori quando e come sono emersi, nel suo orizzonte mentale, lo studio e l’interesse per la geopolitica in Medio Oriente e il suo corollario religioso – l’Islam – nei suoi vari aspetti?



Grazie a Lei. La domanda è molto importante per me e per i lettori, perchè in sociologia politica e anche nella mia disciplina geopolitica, si sa che l’obbiettività totale non esiste tra gli uomini, e che bisogna dire (se si è onesti intellettualmente) o sapere “da dove si parla”. Quindi il mio interesse per il Medio Oriente e l’Islamismo radicale è cresciuto poco a poco dall’età di 18 anni, quando incontrai amici libanesi cristiani maroniti in Francia che mi spiegarono il conflitto libanese e la sofferenza dei cristiani che, dopo avere generosamente accolto nel loro paese (allora ancora in grande parte controllato dai cristiani) 500 000 palestinesi musulmani sunniti, furono “ringraziati” da questi ultimi con i massacri, le razzie e la trasformazione di Beyrouth in una basa terroristica… Poi, sono andato due volte in Libano durante i miei studi di scienze politiche durante mesi e ebbi la fortuna di incontrare grandi docenti dell’Università cattolica-maronita di Kaslik che mi diedero molte informazioni e “piste” di riflessione sull’islam e la persecuzione delle minoranze non-islamiche nell’islam sunnita e quindi nei paesi cristiani. Di là, cominciai ad approfondire il tema dell’islam e dell’islam radicale, e poi del terrorismo islamico che trovò nel Libano un terreno di incubazione e di espansione negli anni 1980.


2. Per l’uomo occidentale, che non ha familiarità con il mondo islamico, come descriverebbe la situazione dei paesi che vivono sotto la legge della Sharia islamica?

Uno dei miei primi studi di ricerca pre-dottorale fu proprio dedicato a questo argomento: la legge islamica contiene il 99 % delle atrocità, barbarie, violenze ed intolleranze spesso attribuite solo agli “estremisti islamici”. Vi do alcuni esempi: la Sharià prevede il massacro di tutti gli infedeli che non si sottomettono alle leggi superiori dell’islam, la morte dei pagani, apostati, blasfematori e anche cristiani e ebrei non sottomessi; la Sharià prevede chiaramente 3 grandi inferiorità: schiavo vs maestro, donna vs uomo, e non-musulmano vs musulmano; e poi la sharia prevede chiaramente la necessità assoluta di conquistare tutto il mondo con il Jihad della guerra eppure quello della parola e della furbizia/duplicità (“taqiya”), e l’islam sunnita ufficiale mai riformato che insegna questa sharia giustifica pienamente anche la crocefissione degli apostati, come succede legalmente in Arabia saudita, il massacro degli omosessuali e dei miscredenti che non accettano la supremazia islamica, oppure la proibizione degli strumenti di musica, le punizioni corporali, la lapidazione, l’infibulazione e l’eccisione delle donne, senza dimenticare la necessità di istaurare un califfato mondiale egemonico destinato a sottomettere il mondo intero.


La conclusione di questa osservazione è che quelli che affermano che l’islamismo non avrebbe niente che a vedere con l’islam o dicono bugie o sono ignoranti… , e che sarà sempre impossibile finire con la minaccia dell’islamismo radicale fino a quando l’islam sunnita ufficiale non avrà fatto la sua riforma integrale teologica, giuridica e politica. Ricordiamo che i due centri più importanti dell’islam sunnita mondiale, l’Arabia saudita, cuore del salafismo e paese delle due città “sacre” (haram), La Mecca e Medina, e poi l’Università egiziana del Cairo Al-Azhar, non hanno mai accettato di cancellare, riformare o contestualizzare le disposizioni totalitarie, violenti e intolleranti dell’islam nelle sue dimensioni politiche, giuridiche e sociali. Non lo dicono i cosiddetti “islamofobi”, ma tutti gli intellettuali musulmani moderati, laici, sinceramente pacifici.


3. Tra il 5 e l’8 marzo, Papa Francesco visiterà l’Iraq. I cristiani, una volta una grande comunità in questo Paese, hanno subito dure persecuzioni da parte della maggioranza islamica e, oggi, sono ridotti e umiliati. Quale panorama troverà il Pontefice da questo punto di vista in Iraq? Il dialogo ecumenico cattolico-islamico porterà risultati concreti?


A pochi giorni dall’arrivo di papa Francesco in Iraq, le aspettative della Chiesa locale sono alte. “Ci auguriamo che la sua visita nel Paese aumenti la consapevolezza dei cristiani in Iraq. Il Papa incontrerà i responsabili cristiani e musulmani, fra cui il leader degli sciiti iracheni, il grande ayatollah Ali Al Sistani, visto come un uomo di pace per i cristiani d’Oriente. Ma temo che gli altri incontri interreligiosi che piacciono tanto al Papa Francesco siano non solamente inutili ma anche contro-producenti, se Il Papa non adotterà un discorso di franchezza esigente e di richiesta di reciprocità che non è mai esisto tra cristiani e musulmani, siano sciiti che sunniti. A che servirà l’incontro interreligioso previsto simbolicamente a Ur, nel sud dell’Iraq, città di origini degli Ebrei e quindi dei primi monoteisti, “patria di Abramo e delle tre religioni”, se si limiterà a ripetere le solite idee politicamente e islamicamente corrette secondo le quali “Ebrei, cristiani e musulmani hanno un padre comune ad Abramo”. Temo che il Papa Francesco, il Papa più islamofilo mai esistito nella storia della Chiesa, non oserà e non penserà neanche a denunciare – con rispetto ma anche con franchezza- l’assenza di reciprocità islamo-cristiana e il fatto che i paesi e autorità islamiche mondiali esigono in Occidente più moschee e diritto di convertire i cristiani all’islam mentre i cristiani sono perseguitati i quasi tutti i paesi musulmani e non vi possono costruire come vogliono nuove chiese. Il Papa adotterà secondo me un atteggiamento più politico-diplomatico che di verità teologica, perché non è il Papa della coerenza dottrinale come lo fu Benedetto XVI che osò dire la verità sull’islam ma un Papa argentino che ignora ciò che è il mondo islamico e che sbaglia credendo che i cristiani saranno meglio trattati o “risparmiati” in cambio dei suoi discorsi “interreligiosi” e dichiarazioni false secondo le quali il “vero islam è tollerante”.. Spero che sarà ispirato dalla grazia dei martiri cristiani d’Irak e che avrà un discorso di verità, ma ne dubito veramente… La verità è che sta andando in una zona dove i cristiani che erano 50 anni fa più 1,5 milioni e adesso sono meno di 250 000… e continuano tutti a provare di fuggire e emigrare in Occidente… Poi, se il Papa crede che la sua presenza “interreligiosa” in Irak fermerà l’emorragia dei cristiani e renderà più “aperti” o “amichevoli” i fondamentalisti islamici, sta sognando, perché al contrario, dalla parte degli integralisti, i “dialoghi interreligiosi” tanto voluti dai Papa cattolici (eccetto Ratzinger) dal Concilio Vaticano II mai condizionati da richieste di reciprocità sono essenzialmente percepiti come segnali di debolezza e quindi di incitazione a perseguitare ancor di più i cristiani obbiettivamente non difesi dai paesi occidentali in via di apostasia… Inoltre, pur sapendo perfettamente che il Papa non viene per convertire nessuno al cristianesimo ne per annunciare la Parola, molti leader religiosi islamici iracheni stanno mostrando la loro ostilità al viaggio del Papa sui social e approfittano dalla sua venuta per fare credere che il cristianesimo occidentale starebbe provando di rilanciare le crociate o vorrebbe “provocare” i paesi musulmani con il proselitismo cristiano… Da li la tematica ossessionale dei “crociati”. Pur essendo iper filo-immigrazione e filo-islamico, Il Papa è presentato dagli islamici radicali e anche ortodossi, soprattutto sunniti, come “il re dei crociati che entra nel Paese come missionario ”.

  1. Nel suo ultimo libro pubblicato in Portogallo, O Complexo ocidental, il signor Professore avverte del «virus della colpa collettiva», che si basa su diversi miti fondanti, come le Crociate, l’“oscurità” del Medioevo, la demonizzazione della Chiesa Cattolica il debito con al-Andalus, le accuse di schiavitù, colonialismo e razzismo a senso unico, la “globalizzazione felice” e le conseguenze delle politiche dell’Unione Europea. In una breve panoramica, potrebbe spiegare meglio questi fenomeni ai lettori portoghesi?

In questa parte importante del mio libro, spiego che una vera “guerra delle rappresentazioni” ha portato all’indebolimento mentale e identitario dell’Uomo europeo, colpito da una sindrome di colpevolizzazione cronica di stampo etnico-masochistico. Spiego che per sconfiggere questa malatia collettiva che è la colpevolizzazione generalizzata, bisogna porre i principali miti politicamente corretti a confronto con la ragione e con la realtà storica. Tali miti principali sono i seguenti: l’Occidente è “razzista”, “schiavista”, “islamofobo”; ha “distrutto il pianeta”, è “imperialista”, ha “umiliato” gli arabi, i musulmani e tutto il terzo mondo con le crociate e con la colonizzazione. La sua Chiesa per eccellenza, quella cattolica romana, ha “oppresso” i popoli autoctoni “convertendoli alla forza”, dall’Africa alle Americhe e all’Asia. Ha praticato la “tortura” e ucciso in massa in nome di Cristo per mezzo dell’Inquisizione. I re “cattolicissimi” hanno regnato durante mille anni di “Medio Evo barbaro” per mezzo della spada e del fanatismo, fino alla “liberazione” rappresentata dal Rinascimento, dall’Umanesimo e dai Lumi, che sono sfociati nella formidabile Rivoluzione Francese e nella religione umanista dei diritti dell’uomo. “Ignoranti” e “oscurantisti”, gli europei sono usciti dal Medio Evo “grazie ai saggi musulmani illuminati” che gli hanno “portato la scienza” antica e la filosofia greca, che essi stessi “hanno tradotto” e “trasmesso” all’umanità ma di cui l’Occidente si è impadronito… Il “debito dell’Occidente” nei confronti di questi imperi illuminati, “umiliati” dall’“aggressione crociata” sarebbe tanto imprescrittibile quanto la sua colpevolezza. Infine, il colmo dell’orrore raggiunto con la Shoah sarebbe il risultato “di mille anni di antisemitismo cristiano” e comporterebbe una responsabilità collettiva che non si limita ai soli tedeschi nazisti o ai loro governanti dell’epoca, ma che sarebbe un retaggio dell’Uomo bianco.


Questa colpa indefinitamente imprescrittibile trasmessa dal sangue corrotto degli europei farebbe di loro, della loro religione (cristiana) e della loro etnia “il peggiore dei popoli”.Mostro che in verità, le crociate vengono spesso presentate dai propagandisti occidentali come il “peccato originale” fondatore della cristianità occidentale. Questa colpa fondamentale rappresenterebbe le radici remote del colonialismo europeo e dell’imperialismo occidentale e sarebbe anche la causa della violenza islamista e dell’anti-occidentalismo radicale dei Paesi musulmani, “traumatizzati dalle crociate”, la cui violenza anticristiana non sarebbe altro che una semplice “reazione” di fronte a un’imperdonabile violenza che avrebbero subito per primi… Lo stesso sionismo non sarebbe altro che il frutto dell’“imperialismo occidentale” al servizio dei nuovi “crociati ebrei” che sono andati a “insozzare i luoghi santi dell’islam”. In poche parole, il colonialismo arabo-musulmano e persino il terrorismo islamista non sarebbero altro che una “giusta punizione”… Questa rappresentazione costituisce una straordinaria frode intellettuale che deve essere fatta figurare negli annuali della disinformazione.


Mentre l’Occidente colpevolizza gli autori delle crociate, che non furono tuttavia altro che reazioni legittime alle “crociate islamiche”, i Paesi e le organizzazioni musulmani affermano senza vergogna la loro volontà di sottomettere a Allah la capitale della cristianità. In cambio, i “malvagi” crociati europei rispetteranno sempre i due luoghi santi dell’Islam, la Mecca e Medina, senza mai conquistarli o razziarli. Però, oggi, sono gli Occidentali, cristiani, a chiedere “perdono” a Paesi musulmani che, da parte loro, non si pentono affatto di aver razziato Bisanzio e Roma… Sostenitori di quest’accusa riflessa, i paesi musulmani esigono continuamente che gli europei chiedano scusa per le crociate e per la colonizzazione, ma non si preoccupano in nessun momento di scusarsi loro stessi per le loro guerre colonizzatrici e per le piraterie barbaresche, per la schiavizzazione dei neri e degli europei – la colonizzazione islamica (Africa, Andalusia, Sicilia, Balcani, Indie) o i genocidi anticristiani (un milione e mezzo di armeni, gli assiro-caldei della Turchia e due milioni di cristiani animisti del Sudan del Sud). È vero, il passato dev’essere superato e inoltre il dialogo islamico-cristiano sembra sorgere da un’intenzione lodevole, ma la reciprocità dovrebbe essere d’obbligo, e i Paesi musulmani che esigono che l’Occidente condanni i caricaturisti di Maometto farebbero bene a combattere l’anticristianesimo islamico, che è da parte sua assassino e dunque ben più grave rispetto a semplici prese in giro. Il dialogo islamico-cristiano, inaugurato incondizionatamente dal Concilio Vaticano II negli anni Sessanta, rimarrà un dialogo tra sordi fintantoché i paesi islamici vedranno nella mano tesa e nella loro accettazione della tolleranza a senso unico dei cristiani dei segni di debolezza. E questa debolezza incita i persecutori di cristiani a rincarare la dose di violenza. In realtà, le professioni di fede islamicamente corrette del Vaticano e il dialogo islamico-cristiano non hanno mai arrestato le persecuzioni di cristiani in Pakistan, in Arabia Saudita, il massacro di cristiani in Sudan o in Iraq o l’assassinio di sacerdoti cattolici in Turchia (Don Andrea Santoro nel 2006, Monsignor Luigi Padovese nel 2010)…


Poi, spiego che il Medio Evo non fu, come si crede troppo spesso, un’epoca di barbarie e di “guerra di tutti contro tutti”. In proporzione, ha causato meno morti in mille anni di quanti non ne abbia provocati la Rivoluzione Francese, le guerre napoleoniche e quelle dei tre secoli successivi (totalitarismo, guerre di massa e genocidi). Nel Medio Evo, le guerre, limitate nel numero e nello spazio, erano invece opera dei signori detentori del potere temporale e dei re di Francia, vale a dire un affare da professionisti. Si dimentica poi troppo spesso che all’epoca il sapere e la scienza non erano disprezzati né ignorati da politici e religiosi, tutto il contrario. Oltre a quelle formidabili opere tecnologiche e architettoniche che sono state le cattedrali – da Santa Sofia di Costantinopoli a Notre-Dame di Parigi passando per la cattedrale di Chartres o per il Duomo di Milano –, Régine Pernoud ricorda anche “che nel Medio Evo gli autori latini e greci erano assai conosciuti, che il contributo del mondo antico – classico o meno – era ben lungi dall’essere rigettato”, e che “la sua conoscenza era considerata un elemento essenziale del sapere”. Così, “nel XII secolo la biblioteca di Mont Saint-Michel comprendeva testi di Catone, il Timeo di Platone (in traduzione latina), varie opere di Aristotele e di Cicerone, estratti di Virgilio e di Orazio”[1]… All’epoca, infatti, la Chiesa assicurava l’insegnamento e dispensava il sapere a tutti. Nei monasteri, uomini e donne di tutte le classi sociali andavano a istruirsi: questi centri di cultura ospitavano i più grandi sapienti dell’epoca. Il primo europeo ad aver fatto esplicitamente riferimento ai “diritti dell’uomo” è stato oltretutto un monaco, il famoso Alcuino, che divenne ministro dell’Istruzione pubblica di Carlo Magno. D’altra parte, la Chiesa ha sempre difeso la dignità umana e l’istruzione. Ha combattuto tanto la schiavitù come il ripudio, la poligamia e la povertà, spesso molto meglio del potere temporale. Per quanto riguarda la Francia, basti constatare la gran quantità di istituti chiamati “hôtel-Dieu” (Parigi, Marsiglia, Lione, etc.) o “maison-Dieu”, che erano ospedali e luoghi d’asilo per i poveri. Nel settore della sanità pubblica, la Chiesa curava tanto i corpi quanto le anime e ha dispensato la carità in ogni luogo creando le prime opere di carità di cui le associazioni di soccorso cattoliche e la Croce Rossa sono le lontane discendenti.


Poi, ricordo che la Chiesa non ha mai affermato che la donna sia “inferiore” all’uomo o che non abbia un’anima e che è totalmente falso affermare che la Chiesa cattolica aspettò la fine del XIX secolo per condannare la schiavitù e che abbia decretato che gli amerindi sottomessi dai conquistatori spagnoli e portoghesi “non avessero un’anima”. Ben presto in Europa i re e i vescovi, ivi compreso Guglielmo il Conquistatore (1027-1087), San Vulstano di Worcester (1009-1095) e Sant’Anselmo (1033-1109) proibirono la schiavitù. Nel XIII secolo, San Tommaso d’Aquino decretò che la schiavitù è un “puro peccato”. Tommaso d’Aquino vedeva in ess un’infrazione alla “legge naturale”, poiché tutte le creature umane hanno “diritto alla giustizia” e alla dignità. Fu su queste basi che la Chiesa definì la schiavitù un “peccato contro la dignità umana”. Nel 1437, Papa Eugenio IV pubblicò la bolla Sicut Dudum che minacciava di scomunica gli schiavisti. Anche i papi Pio II (1458-1464) e Sisto IV (1471-1484) promulgarono bolle che condannavano senza equivoci la schiavitù. Nel 1537, Papa Paolo III pronunciò una dichiarazione ufficiale contro di essa: ossia quasi seicento anni prima che l’Arabia Saudita o il Sudan l’abbiano ancora teoricamente proibita… Ricordo che, ancor prima dei neri africani, le prime vittime dello schiavismo arabo-islamico sono stati europei slavi e mediterranei, venduti per secoli nei paesi arabo-musulmani. Eppure la realtà della schiavitù dei bianchi è attestata dalla stessa radice della parola “schiavo”, utilizzata in tutte le lingue europee (schiavo, esclavo, esclave, slave, Sklave), che proviene dall’etnonimo “Slavo” che portano ancor oggi, per esempio, gli Slovacchi e gli Sloveni. Schiavonia (l’attuale regione della Slavonia, che comprende la parte orientale della Croazia e la Slovenia), antica riserva di schiavi bianchi, significava “il Paese degli schiavi”. Gli europei, che pure sono così spietati nei confronti del proprio passato, occultano sistematicamente il fatto che lo schiavismo musulmano ha colpito per più di un millennio slavi, balcanici, greci, italiani e persino inglesi e germanici catturati all’epoca delle razzie de delle piraterie marittime. Alexandre Skirda, storico e saggista, spiega che ancor prima che esistesse la tratta atlantica, circa 4,5 milioni di europei dell’Est furono sottoposti alla tratta musulmana. Questa “tratta dei bianchi” perpetrata dai musulmani fu altrettanto assassina di quella dei neri. Skirda distingue due tratte degli slavi: quella definita “occidentale”, realizzata in Europa centrale, e quella “orientale”, che impazzò dalla Polonia alla Russia.


Si martirizza l’Occidente cristiano per lo schiavismo del passato, specialmente per la “tratta atlantica” o “triangolare”, ma curiosamente lo schiavismo arabo-musulmano viene nascosto la maggior parte delle volte, pur avendo fatto più vittime ed essendo durato per un periodo di tempo più esteso rispetto alla tratta atlantica: milleduecento anni nel caso dello schiavismo arabo-musulmano, tre secoli nel caso di quest’ultima… E non si può negare che fino ad oggi in territorio islamico nessuna voce si è alzata per denunciare lo schiavismo arabo-musulmano nello stesso modo vigoroso con cui l’Occidente denuncia il proprio. La sola “tratta arabo-islamista”, che non comprende lo schiavismo dell’Impero Ottomano e dei loro pirati barbareschi stanziati nell’Africa del Nord, ha fatto 11 milioni di vittime nel solo periodo che va dal IX al XVII secolo, vale a dire lo stesso numero di quelle fatte dalla tratta atlantica, con la differenza che gli schiavi dei musulmani arabi venivano castrati e uccisi in massa, mentre i discendenti degli schiavi degli europei hanno avuto una progenitura importante e sono poi stati liberati. Infine, solo per lo schiavismo ottomano-barbaresco, lo specialista Robert Davis[2] calcola – tenendo conto del numero considerevole di decessi (un 20% annuo) tra il 1530 e il 1780 – che la cifra di europei asserviti solamente nell’Africa del Nord ottomana ammonti a 1.200.000 persone…


Non posso sviluppare tutti i 10 miti della disinformazione anti-occidentale e del “cosmopoliticamente corretto” che spiego nel libro, ma termino qui con quello della cosidetta Andalusia arabo-islamica “tollerante”: questo mito inventato dalla sinistra terzomondista anti-cattolica serve a giustificare filosoficamente e moralmente la sommersione migratoria islamica, ma è falso. In realtà, la Spagna musulmana (Al-Andalus) fu conquistata con le armi e dominata come un impero coloniale, e non fu una terra di convivialità in cui le differenti comunità sarebbero convissute con gli stessi diritti e avrebbero potuto accedere al potere politico in modo equo. Al-Andalus era una società politico-religiosa composta da dominatori arabo-berberi (e spagnoli convertiti) e da dominati ebrei e cristiani di origini celtiberiche e visigote. I cr