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Dai "Tagliatori di teste" ai "tagliatori di lingue" : Dal terrorismo jihadista a

Alexandre del Valle, studioso/insegnante esperto in geopolitica e giornalista, ha pubblicato diversi libri sull’islamismo radicale, il terrorismo islamico e la cristianofobia [qui e qui abbiamo già cominciato a conoscerlo sul blog]. Di seguito propongo la sua più recente analisi di stretta attualità, interessante per l'alternanza di elementi storico-politici e dinamiche socio-psicologiche, da non disattendere anche da parte di chi, come noi, scruta la realtà prevalentemente attraverso l'orizzonte di fede ma, come cittadino, deve conoscere le vicende della polis, per parteciparvi secondo il suo ruolo piuttosto che assistervi impotente.


Psicologia del terrorismo. I legami tra «tagliatori di teste» e «tagliatori di lingue» sono evidenti: Terroristi jihadisti, terroristi intellettuali, istituzionali e loro complici islamicamente corretti hanno un'unica strategia..


Dopo 17 anni di campagne terroristiche, la morte di centinaia di migliaia di persone nel mondo musulmano e migliaia nei paesi occidentali, ormai abbiamo la conferma che i jihadisti, gli islamisti istituzionali e i loro complici islamicamente corretti colpiscono all'unisono. Così, negando sistematicamente qualsiasi legame tra il terrorismo e l'Islam; demonizzando coloro che sfidano le fonti coraniche e della sharia «legittimanti» la violenza islamista; rifiutando di sottomettere l'islam ad un esame critico peraltro incoraggiato dalla religione cristiana, le forze dell' «islamicamente corretto» - che coniugano gli ideologi politicamente corretti, le lobby islamiste «istituzionali» e i loro alleati multiculturalisti «islamicamente corretti» - hanno contribuito a perseguire con mezzi legali o psicologici l'opera di intimidazione/sottomissione innescata dai terroristi islamici.


Alla luce di questa osservazione, si è potuto constatare, dagli anni 1990, che più l'islamismo terrorista ha fatto scorrere il sangue più i poli del dell'islamismo istituzionale [1] vantano i meriti intrinseci dell'Islam e piangono la triste sorte dei loro fedeli «contaminati» a causa dell'associazione tra Islam e terrorismo. E ciò nonostante il fatto che i musulmani godano in terre cristiane di tutti i diritti che sono negati ai non-musulmani in quelle islamiche ...




Restauro della Ummah*


I poli «ufficiali» dell'islamismo mondiale, riconosciuti come interlocutori legittimi da parte degli stati occidentali e dalle Nazioni Unite, sostengono anzi, come i jihadisti, l'applicazione della Shariah e, infine, il ripristino di un califfato più o meno formale, attraverso il principio sacrosanto di «unità dei musulmani» (al-Ummah al-islamiyya). Il restauro della Ummah riunificata dall'ordine di un Califfato universale rimane l'obiettivo dichiarato della Fratellanza Musulmana, dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) e di altre importanti istituzioni panislamiche mondiali [2]. Questi poli dell'islamismo globale, sostenuto dagli Stati islamici sunniti che ne sono membri attivi (Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Pakistan, Sudan, ecc) perpetuano in ultima analisi lo stesso scopo neo-imperiale e di supremazia teocratica, dei jihadisti che aderiscono al califfato Daesh. La strategia non se n'è molto allontanata. Solo i mezzi e le tattiche differiscono radicalmente, pur essendo estremamente complementari, dal momento che il terrorismo violento dei primi è completato dal terrorismo intellettuale dei secondi.


Interferenze sotto le spoglie dell'interventismo "protettivo" contro persecuzioni immaginarie


Queste lobbies dell'islamizzazione «soft» che a parole condannano la violenza jihadista, che non avrebbe «niente a che fare con l'Islam», praticano dal canto loro una strategia di interferenza politica permanente negli affari di tutti i paesi del mondo in cui vivono i musulmani, sotto il pretesto della «difesa dell'Islam» e dei musulmani «perseguitati». Questo interventismo protettivo, in realtà neo-imperiale e irredentista, che si nutre di una « islamofobia » spesso immaginaria, è proprio dei citati poli principali dell'islamizzazione planetaria che, anche se divisi, ambiscono, col pretesto di «difendere la religione» a controllare la Ummah in tutto il mondo, e specialmente in Europa e in Occidente.


Questi paesi post-cristiani, che gli islamisti fingono di dipingere come «crociati» quando sanno bene che la religione cristiana vi è rinnegata e maltrattata da decenni di cambiamento, sono visti come nazioni che l'apertura a senso unico e il senso di colpa hanno reso vulnerabili e permeabili alla conquista dell'islamizzazione, nelle sue versioni soft (proselitismo) e hard (reclutamento terroristico).


La strategia di questi poli dell'islamismo mondiale conquistatore, è quella di instillare all'interno delle comunità musulmane d'Occidente, un senso di persecuzione e di paranoia collettiva e poi di spingerle soprattutto a non integrarsi con i costumi locali «empi» in nome di un «diritto alla differenza» e ad un antirazzismo deviato. Ovviamente, l'obiettivo dei fanatismi islamici è quello di perpetuare l'«esteriorità» dei musulmani e spingerli così a vivere separati (dai miscredenti) in una sorta di «ghetto volontario» e poi schierarsi simbolicamente sotto la bandiera senza frontiere della sharia.


Secessionismo


Questo obiettivo pan-islamista di natura secessionista sotto la copertura del vittimismo, certamente spiace in primo luogo agli stati musulmani nazionalisti (Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania, Algeria, Siria di Assad, Kazakistan, ecc), che temono l'internazionalismo islamico in nome della difesa della sovranità nazionale. Riteniamo che, per lo stesso motivo, esso sia destinato infine a fallire nelle terre islamiche. Tuttavia, nonostante la rivalità tra gli stati e i poli islamisti nella lotta per la leadership musulmana mondiale, questi ultimi sono riusciti a rendere alcune comunità musulmane occidentali ostili ai loro paesi di nascita o di accoglienza, percepiti come «infedeli», «perversi» e naturalmente «ostili ai musulmani e all'Islam». La forza di mobilitazione dei poli violenti e non violenti del totalitarismo islamista consiste nel concentrarsi sulla loro «induzione paranoica» e nell'incitare al rifiuto di integrarsi con i costumi e gli ordini «infedeli». Questo considerevole potere di disturbo dei poli islamisti, che sviluppano a livello mondiale un imperialismo politico-religioso fanatico col pretesto di difendere la libertà religiosa, è un grave problema geopolitico per tutte le società multi-culturali che ospitano minoranze musulmane d'intesa con le organizzazioni e gli Stati che le strumentalizzano. E questi focolai potenziali di comunitarismo secessionista sono altrettanti campi di espansione e teatri di operazioni sui quali prosperano anche i jihadisti che, anch'essi, pretendono di «difendere» le comunità musulmane «umiliate» e «perseguitate» nel mondo, e puntano sulla strategia divisiva della «induzione paranoica».


"Marketing negativo": far parlare dell'Islam


Sorprendentemente, l'obiettivo principale di lotta dei terroristi, che consiste nel far parlare dell'islam e nell'intimidire i non musulmani in una logica di sottomissione-conversione, è perseguito da coloro che cercano di criminalizzare, intimidire e mettere a tacere tutti coloro che criticano l'Islam, «bestemmiano» o denunciano l'islamismo conquistatore che ritorce la tolleranza delle democrazie contro se stesse.


E' evidente che la continua copertura mediatica del terrore ricercata dai jihadisti non ha innescato nelle nostre società colpevolizzate la messa all'indice dei sacri e legali precetti che giustificano l'intolleranza e la violenza islamista. Essa non ha riconosciuto la responsabilità delle lobbies comuniste islamiche, che al contrario inveivano contro il risorgere dell'islamofobia con il solo pretesto che i media a volte osavano associare islam, islamismo e violenza. La moltiplicazione degli atti terroristi perpetrati in nome dell’islam non ha innescato in Occidente un atteggiamento di valutazione e di mettere in discussione le attività islamiste e dei fedeli re-islamizzati dalle associazioni musulmane ufficiali che si occupano di creare l'immagine dei musulmani che non si non si danno tregua nel convincere i loro greggi di essere le « vere » vittime degli atti terroristici che non hanno « niente a che vedere » con l’islam e che in effetti fanno il gioco dei « nemici dell’islam » desiderosi di « infangare l’islam e i musulmani ».


Dall'11 settembre 2001, l'Islam e la civiltà islamica in generale non hanno cessato di beneficiare di un trattamento speciale rispetto ad altre religioni (che obbiettivamente incutono meno timore), e l'Islam è sempre rappresentato in maniera più a-critica e positiva, in nome del non aver «nulla a che fare con l'Islam» e della lotta contro «l'islamofobia» degli occidentali scioccati dagli attacchi islamici o dalla persecuzione dei cristiani nelle terre islamiche e che sarebbero i «veri» perpetratori della «radicalizzazione dei musulmani», vittime permanenti e post-coloniali dell'ostilità degli occidentali imperialisti.


Lungi dall'essere messa in discussione dalle violenze terroristiche islamiche di cui i «miscredenti» e gli «apostati» sono vittime ogni giorno, la nuova doxa corretta dal punto di vista islamico, enfatizzata dai poli dell'islamismo istituzionale e dai loro alleati multiculturali, è ancor più imperativa. quando assume il pretesto di arginare un pericolo presentato tanto più grave del terrore jihadista: il «rischio di offuscare l'immagine dell'Islam e dei musulmani», che verrebbero trattati «come gli ebrei» di ieri e che sarebbero gli obiettivi della peggiore forma di razzismo moderno: l'islamofobia.


La nostra convinzione, frutto di anni di ricerca sull'Islam e sulle ideologie radicali e totalitarie, è che la polizia del pensiero «islamicamente corretto», che vieta di nominare la minaccia islamista e chiederne conto ai dirigenti ed ai poli di tutto il mondo islamico ufficiale, impedisce sia di vincere la guerra contro il terrorismo - che è solo l'iceberg del totalitarismo verde** - sia, soprattutto, di frenare l'islamismo «istituzionale«. Quest'ultimo, più sovversivo, presente nelle nostre società aperte, è la parte sommersa dell'iceberg islamo-totalitaria. Cioè si tratta di una realtà molto più grande, i cui obiettivi sono gli stessi dei jihadisti: intimidire e terrorizzare gli «apostati»; separare i musulmani dai non musulmani; scioccare psicologicamente i non credenti con la violenza simbolica, la colpevolizzazione, i processi o la violenza, al fine di obbligare i non-musulmani a non parlare che bene dell’islam, allo scopo finale di sottomettere e dunque convertire il mondo intero alla supremazia islamica.


Alleanza rosso-verde


In quanto totalitarismo conquistatore, avvezzo, come tutti i totalitarismi, alle tecniche e alle astuzie della guerra, alle menzogne ​​e alla propaganda sovversiva, l'islamismo radicale sa ben approfittare delle contraddizioni interne e delle complessità delle società post-coloniali occidentali, aperte a tutti i venti, rese colpevolizzate [vedi: Il complesso occidentale] e praticanti una forma di tolleranza a senso unico. Questa natura sovversiva del totalitarismo verde, i cui poli sono riusciti per decenni a investire molte strutture di rappresentanza dell'Islam nelle nostre società, spiega e ha permesso l'alleanza apparentemente innaturale con forze occidentali di sinistra o politicamente corrette che servono da scudo e sicurezza alla sua strategia di abbassare la guardia delle società di accoglienza inibite dal loro pentimento. Questa alleanza tra lobbies multiculturaliste-comunitariste. ed altre progressiste antirazziste, è molto utile per silenziare, screditare e scoraggiare la critica all'Islam e quindi per prevenire l'indebolimento delle fonti legali e canoniche della violenza e della intolleranza islamica; critica identificata essa stessa come forma di razzismo «islamofobo».


L'alleanza rossa, verde e politicamente corretta, tra tagliatori di lingua che hanno di fatto ristabilito una nuova forma di censura religiosa col pretesto della lotta al razzismo deviato, è gravida di conseguenze perché impedisce, col pretesto di «negare l'amalgama» tra Islam e violenza, di combattere le fonti dottrinali del terrorismo islamista. Ora, in quanto realtà totalitaria eminentemente ideologica e non solo religiosa, l'Islam non può essere sconfitto se è combattuto soltanto in termini militari e di sicurezza, e se si mette da parte per principio che esso ha basi teologiche e legali che dovrebbero essere rese obsolete e riformate. Ovviamente, quanto più i terroristi islamici possono invocare i dogmi «canonici» dell'Islam ufficiale (Shariah, Hadith, Sira), che giustificano la violenza, l'intolleranza e la supremazia islamica e rifiutiamo l'idea stessa che i jihadisti possano riferirsi a testi purtroppo in vigore che legittimano chiaramente l'odio verso i non musulmani e gli «apostati», tanto più l'impegno vitale - che consiste nel contrastare la propaganda ideologica e la guerra psicologica dei movimenti jihadisti che reclutano i cosiddetti lupi solitari nelle moschee nonché dagli incontri e dalle reti virtuali - semplicemente non potrà essere condotto.


L'islamicamente corretto, sulla base della valutazione enfatizzata della civiltà islamica e dell'Islam, versione speculare dell'odio giudaico-cristiano [che invece non è giustificato da fonti né religiose né legali], fa allo stesso tempo il gioco dei jihadisti islamisti - che giustificano i loro barbari omicidi con le denunce dei «nemici dell'Islam» - ma anche dei grandi centri ufficiali dell'islamismo mondiale (OIC Muslim World League, i Fratelli musulmani, islamici Stati del Golfo, la Turchia di Erdogan, Pakistan, ecc) per cui ogni nuovo attacco islamista in Occidente è un'opportunità per esigere professioni di fede islamofile «riparatrici».


L'argomento ufficiale è la denuncia del fatto che, creando un legame tra terrorismo e islamismo, gli occidentali «stigmatizzano i musulmani e l'islam». In realtà, sanno molto bene che i veri responsabili della cosiddetta islamofobia sono innanzitutto coloro che uccidono in nome dei testi sacri musulmani che questi stessi poli si rifiutano, con coerenza tutta loro, di denunciare o riformare....


Molte grazie a Maria G. per la traduzione.


***

[1] Paesi del Golfo, Pakistan, Fratelli musulmani, Lega mondiale islamica, Organizzazione della cooperazione islamica - OIC, ecc. (che rappresenterebbero il «vero Islam moderato» e denunciano la presunta «islamofobia» occidentale)

[2] World Islamic League, ISESCO, ecc.

Fonte

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Note di Chiesa e post_concilio

* Hummah: "Comunità di fedeli", nel senso di "comunità di musulmani"

** verde è il colore dlel'Islam, perché rappresenterebbe il paradiso, che veniva raffigurato come un giardino

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]


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