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Le mani sulla Turchia

La Turchia, come disse Samuel Huntington, è uno «Stato sostanzialmente lacerato», un «Giano politico » attratto dall’Europa moderna, un’eccezione di «Stato musulmano laico», ma anche un paese nostalgico dell’Età dell’Oro islamico-ottomana, e sempre più sensibile alle sirene dell’islamismo e del miraggio di un nuovo Califfato.

Questa ”lacerazione politica” interna oppone di fatto da una parte i conservatori islamici del Partito di Giustizia e Sviluppo (ossia l’Akp), al potere dal 2002, e dall’altra i nazionalisti-kemalisti laici che fanno parte di quello che i turchi chiamano lo “stato profondo”(Derin Devlet), vicini alle forze armate e trincerati dietro le istituzioni kemaliste anti islamiche, fra cui le Alte corti supreme dello Stato. Infatti, fino all’adozione del settimo pacchetto di riforme (agosto 2003), e all’attuale riforma della Costituzione, il vero centro del potere politico del Paese era il famoso Consiglio Nazionale di Sicurezza (Mgk), sorta di governo ombra presieduto dal Capo dello Stato e composto da militari e civil. Il Mgk poteva “costituzionalmente” proibire e cassare le leggi che minacciavano i principi laici del kemalismo. Fu proprio il Mgk che, il 28 febbraio 1997, intimò al primo ministro turco dell’epoca, l’islamico Necmettin Erbakan, padre spirituale di Erdogan, di dare le dimissioni. Oggi l’Mgk è privo delle sue prerogative politiche, dopo che le leggi d’armonizzazione europee hanno condotto allo smantellamento delle grandi istituzioni politico-militari-giudiziarie che costituivano «l’eccezione kemalista ». Il Consiglio Nazionale di Sicurezza presieduto da un civile, è diventato un semplice organismo di consultazione, mentre le Corti Nazionali di Sicurezza (Devlet Güvenlik Mahkemesi- Dgm) sono state abolite. Per tentare di far proibire il partito neo-islamico di Erdogan, democraticamente eletto sì, ma che avrebbe un’agenda nascosta per islamizzare il paese, i più accaniti avversari turchi dell’Akp sarebbero pronti ad utilizzare tutti i mezzi concessi dalla Costituzione del 1982. E questo è il motivo per cui l’Akp vuol riformarla: per distruggere l’ultimo strumento legale in grado di mettere fuori dalla scena politica il suo partito. L’attuale Costituzione turca è stata redatta nel 1982, dopo l’ultimo colpo di Stato dei militari nel 1980, per ostacolare la progressione dell’islam politico in Turchia. Ed è già stata emendata parecchie volte. Nel 2007, il primo ministro Erdogan promise una «nuova Costituzione», ma l’opposizione laica e nazionalista lo costrinse a tornare sui suoi passi e ad immaginare di emendare quella esistente. Ci riprovò nel 2008, proponendo un ambizioso disegno costituzionale che dovette subito ritirare a causa dell’opposizione laica (e della Corte Costituzionale turca) che portò l’Akp sull’orlo della messa al bando. Una prospettiva sostenuta dall’esercito, garante della laicità e dei principi kemalisti, che lo aveva più volte avvisato di essere pronto a reagire con ogni mezzo possibile per difendere i principi laici della Costituzione del 1982. In risposta, il governo di Erdogan ha lanciato nel 2008 un processo senza precedenti contro ex-ufficiali, intellettuali e giornalisti nazionalisti e kemalisti d’estrema destra accusati di aver tentato un golpe militare nel 2003 per rovesciare il suo governo islamico (il cosiddetto Processo Ergenekon). L’accusa ha portato all’arresto di 40 militari (la maggior parte di alto grado) e di un giudice. Dopodichè il governo Akp ha presentato il 22 marzo scorso un nuovo progetto di revisione della Costituzione, giustificandolo come una “necessità democratica» e una «prova che la Turchia si conforma alle norme europee». Ora, è vero che la Ue ha posto nel 2005 (inizio dei negoziati) come precondizione all’accesso proprio la riforma del sistema giudiziario, legislativo e costituzionale turco. Ma il mondo laico denuncia l’Akp di voler strumentalizzare i criteri democratici europei per giustificare l’abolizione dei principi kemalisti iscritti nella Costituzione del 1982. In nome della libertà dei culti, l’Akp spiega che Bruxelles si oppone ai divieti anti-islamici di Ataturk. Nei diversi rapporti della Commissione riguardo la candidatura turca, inoltre, l’Unione europea esige l’abolizione dei tribunali militari e la riforma della Costituzione del 1982 fra cui la riforma delle alti corti dello Stato, ultimi baluardi laici. In uno studio compiuto sul kemalismo, il politologo Secil Deren spiega che i diversi rapporti del Parlamento e della Commissione Europea sulla Turchia menzionano il kemalismo come un «ostacolo sul percorso di adesione». Insomma, «lo statalismo, il superiore ruolo conferito all’esercito e la rigidità nei confronti delle fedi religiose sono incompatibili con i valori della Ue». Il nuovo progetto di legge consiste in 31 articoli che rivoluzionano il metodo di nomina dei giudici, limitano l’intervento dei militari nella vita politica e nella gestione delle istituzioni, e rafforzano il potere esecutivo e parlamentare. Per entrare in vigore, deve essere approvato dai due terzi dei deputati (367), ma il partito di governo islamico dispone solo di 337 voti. In caso di rigetto da parte del Parlamento, Erdogan ha annunciato di voler sottoporre la riforma ad un referendum prima dell’estate. E i sondaggi mostrano che l’opinione pubblica turca è favorevole alla modifica della costituzione. Fra gli emendamenti, 23 cambierebbero 21 articoli della Costituzione: (10, 20, 23, 41, 53, 69, 74, 84, 94, 125,128, 129, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 156 , 159 e la sezione di transizione 15). Il cuore della revisione proposta mira a eliminare gli ostacoli giurisdizionali che impediscono all’Akp di estendere l’islamizzazione del paese e lo smantellamento delle istituzioni kemaliste (Derin Devlet: lo “Stato Profondo”, composto da militari e giudici laici). Si tratta anche di rendere più difficile lo scioglimento dei partiti politici considerati “anti-kemalisti” o islamici (l’attuale Carta vieta i partiti religiosi). Le modifiche più importanti riguardano la composizione dell’Hysk (Hakimler ve Yuksek Kurulu Savcılar), il Consiglio supremo della magistratura, e il fatto che le decisioni del tribunale militare supremo saranno soggette a ricorsi davanti a giudici civili, mentre il Consiglio supremo militare, lo Yas (Yuksek Askeri Surasi) non potrà più bocciare (come fa ogni anno) gli ufficiali islamici infiltrati nell’esercito turco. Riassumendo, è una riforma a doppio uso: alla luce della strategia globale dell’Akp, si tratta da un lato di promuovere le riforme in nome dei valori europei e della democrazia, e dall’altro di smantellare - grazie al pretesto europeo-democratico - l’edificio costituzionale laico-kemalista sempre combattuto dall’Akp. Di fatto, la riforma rafforzerebbe l’esecutivo controllato da Erdogan e smantellerebbe l’arsenale kemalista- costituzionale dello Stato turco, ultima barriera (fuori della soluzione del golpe) capace di ostacolare le derive anti-laiche e reazionarie. Secondo Ergun Ozbudun, uno dei principali autori del progetto della riforma della Costituzione nel 2008 e docente di legge alla Università Bilkent di Ankara, gli emendamenti avrebbero lo scopo di spianare la strada all’Akp e non concedere alcun diritto alle minoranze etniche e religiose. Esaminiamo alcuni degli emendamenti proposti: - si chiede la modifica dell’art. 10, che parla di azioni tese al rafforzamento della parità e dell’uguaglianza tra i sessi e dell’uguaglianza davanti alla legge. Una mossa che i kemalisti leggono come una misura tesa ad eliminare il divieto sul velo nelle università, grande tema dell’Akp. - Si chiede di aumentare la garanzia per l’uso delle informazioni sui computer e di rivedere la tutela della privacy (art. 20): i cittadini avranno il diritto di chiedere la protezione dei dati sensibili che potranno essere utilizzati solo con il consenso del loro titolare. - Miglioramento della protezione dei bambini contro la violenza e l’abuso sessuale. In particolare con la creazione di un Ombudsman (difensore civico incaricato di risolvere le controversie tra amministrazione e cittadini). - Rafforzamento dei diritti dei lavoratori. - Riduzione della possibilità di un intervento militare nella gestione delle istituzioni: il cambiamento più importante e problematico è un emendamento all’articolo 148 della Costituzione, destinato a consentire l’eventuale processo davanti ai tribunali civili del capo di Stato maggiore dell’Esercito e dei comandanti dell’Esercito. - Riforma delle procedure atte a vietare i partiti politici anti laici o anti-costituzionali. Fino ad oggi, il procuratore generale della Corte Costituzionale era l’unica autorità in grado di chiudere un partito. Se approvata la riforma, tale decisione dovrà essere sottoposta al voto parlamentare. E i partiti politici potranno essere banditi solo se accusati di violenza e terrori terrorismo. Gli emendamenti invece non toccano la questione dello sbarramento al 10% (percentuale necessaria per formare gruppi parlamentari propri), una delle riforme richieste dai liberali e dai curdi. - Riforma completa del sistema di nomina del Consiglio Supremo dei Giudici e dei Procuratori (Hsyk, equivalente al nostro Csm). Attualmente, i 7 membri del Hsyk sono nominati dai presidenti degli organi giudiziari superiori del paese. Secondo il ministro della Giustizia turco, Sadullah Ergin, questo costituisce un «severo sistema di cooptazione» a favore dell’elite kemalista anti-islamica, fra cui l’ex-presidente della Repubblica laicista, Ahmet Sezer. Con la riforma, un terzo dei 21 membri del Consiglio giudiziario sarebbe nominato dal Parlamento o dal Presidente della Repubblica, attualmente Abdullah Gul, anch’egli dell’Akp. E quest’ultimo dunque avrebbe il diritto di nominare 4 dei 21 membri (al momento sono 7) dell’Hsyk. Aumento anche dei giudici della Corte Costituzionale, portata dagli attuali 11 a 17, di cui tre nominati dal Parlamento e altri dal Presidente, quindi dalla maggioranza islamica.Ambedue gli organi (Hsky e Corte) sarebbero inoltre sottoposti al controllo parlamentare. Secondo l’opposizione, la magistratura è in questo modo destinata a perdere il suo ruolo di controllo sull’attività del governo, visto che i più alti magistrati saranno nominati tra le fila dell’Akp. Inoltre il progetto mirerebbe a smantellare legalmente e costituzionalimente l’edificio kemalista turco per facilitare la nascita di un futuro Stato islamico (attualmente reso impossibilie dalla Costituzione vigente). In prima fila contro le riforme, due figure storiche del kemalismo: l’ex-presidente della Repubblica Ahmet Necdet Sezer e Hasan Gerçeker, capo della Corte d’Appello. Secondo i giudici del Consiglio di Stato e il presidente della Corte Suprema, Mustafa Birden, gli emendamenti alla Costituzione rappresentano «una sconfitta per l’indipendenza della giustizia». Sabih Kanadoglu, Procuratore capo organi (Hsky e Corte) sarebbero inoltre sottoposti al controllo parlamentare. Secondo l’opposizione, la magistratura è in questo modo destinata a perdere il suo ruolo di controllo sull’attività del governo, visto che i più alti magistrati saranno nominati tra le fila dell’Akp. Inoltre il progetto mirerebbe a smantellare legalmente e costituzionalimente l’edificio kemalista turco per facilitare la nascita di un futuro Stato islamico (attualmente reso impossibilie dalla Costituzione vigente). In prima fila contro le riforme, due figure storiche del kemalismo: l’ex-presidente della Repubblica Ahmet Necdet Sezer e Hasan Gerçeker, capo della Corte d’Appello. Secondo i giudici del Consiglio di Stato e il presidente della Corte Suprema, Mustafa Birden, gli emendamenti alla Costituzione rappresentano «una sconfitta per l’indipendenza della giustizia». Sabih Kanadoglu, Procuratore capo

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